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Migrazione: Bloccati prima o parcheggiati dopo

Un recente sondaggio mostra che non solo i “sovranisti” che sventolano periodicamente il progetto del blocco navale approvano una cintura di sicurezza nel bel mezzo del Mediterraneo, ma lo approvano anche uno su tre degli elettori del Pd, l’86 per cento in Forza Italia, il 75 per cento tra i sostenitori del Movimento 5 stelle, il 93 per cento dei leghisti.

È sconfortante leggere quanti cittadini seguono la proposta della Meloni senza riflettere quanto costa schierare dei mezzi navali, con aerei ed elicotteri ad affiancarli, in modo permanente con una spesa per le casse dello Stato ben superiore a quanto viene impegnato per il soccorso e l’accoglienza.

Sarà difficile trovare altri membri dell’Unione europea, forniti di mezzi navali, che si vorranno impegnare in un’operazione destinata a fallire per l’ampia area da presidiare e pattugliare.

Salvini e Meloni, dopo aver applaudito per l’operazione “crociera” dell’Aquarius, potranno contare sull’appoggio dell’Ungheria e dell’Austria, come magari anche della Repubblica Ceca e Slovacca, che come è risaputo sono dei paesi sprovvisti di una marina.

Il governo Prodi attuò un blocco navale davanti all’Albania, ma lo spazio d’intervento era ridotto e la Pinotti del governo Pd aveva già affrontato l’argomento e bollato come inattuabile perché potrebbe essere interpretato come un atto ostile. Un precedente blocco navale davanti alle coste libiche era motivato dalla situazione di conflitto e non ha avuto un esito positivo.

La proposta dell’allora ministra della Difesa Pinotti era indirizzata ad un’attività di sostegno alle unità libiche, prospettando azioni d’autodifesa dei nostri militari in quanto “lecite”.

Le commissioni congiunte Difesa ed Esteri di Camera e Senato per la missione italiana in Libia ha ottenuto il voto favorevole del Pd e di Forza Italia, lo schieramento pentastellato leghista si è espresso contrario, mentre FdI si è astenuta.

Comunque sia stato il comportamento dell’Italia nel passato ora è il 64 per cento degli italiani ad approvare il blocco navale per fermare i migranti.

Un blocco navale che si dovrà pensare come attuarlo, se otterrà l’appoggio di quell’Ue provvista di mezzi navali efficienti, escludendo da tale conteggio Malta e Cipro impegnate più a fare affari offshore che sentirsi europeisti.

Potrebbe essere attuato passivamente, mettendosi davanti alle bagnarole e gommoni, prendendo a modello il contadino che attrezza il suo campo con spaventapasseri, o forse apriranno il fuoco come l’agricoltore per spaventare gli inopportuni uccelli, ma i mezzi navali potrebbero provocare onde insidiose per i piccoli natanti, con il rischio del loro rovesciamento e causare dei morti.

Intanto l’autoritario ministro degli Interni decreta il blocco dei porti per le navi delle Organizzazioni non governative e annuncia consistenti investimenti nei luoghi d’origine dei migranti “fuggitivi”, ma non spiega se saranno elargiti ai governi corrotti o per progetti seguiti da organizzazioni indipendenti.

Si era pensato agli hotspot su piattaforme galleggianti o nei paesi solitamente usati per imbarcarsi, si è anche collaudata la collaborazione con la Turchia come paese filtro per entrare in Europa e l’utilizzo di isole greche, prendendo ad esempio la trovata australiana nel ghettizzare i migranti in un’isola come Manus in Papua Nuova Guinea, ma la proposta della Ue di usare paesi extra Unione come Albania e Kosovo come parcheggio potrebbe trovare dell’interesse da parte di Macron e Sanchez, promotori dell’istituzione di “centri chiusi” sul territorio europeo “nei Paesi di primo sbarco”, aprendo alla proposta italiana per cui “chi sbarca in Italia sbarca in Europa” e questo varrebbe per qualsiasi altro luogo dell’Unione, per superare il trattato di Dublino.

Gli hotspot si vogliono spostare sempre più in là della Libia, magari in Niger, così Agadez non sarà più solo la porta del deserto, ma quella dell’Europa, con il continuo esternalizzare i confini europei.

In Niger i militari europei e statunitensi sono già presenti per antiterrorismo, o Ciad, magari in Nigeria. Una soluzione meno impegnativa, appurato che la realizzazione di centri è rendere difficili i flussi migratori, non potrebbe essere una soluzione mettere in sicurezza luoghi di partenza e sovvenzionare piccole imprese per dare una prospettiva di vita dignitosa?

Dopo il summit della Ue di fine giugno sulla migrazione, dove tutti hanno cantato vittoria, quello appare sicuro è un’Europa schierata contro le Ong e irremovibile nel bloccare i flussi migratori, oltre a finanziare strutture repressive in ogni luogo, magari su modello Ellis Island, e tutto il resto su è su base volontaria, non più obbligatoria, fa esultare il Gruppo di Visegrád (Polonia, Rep. Ceca, Slovacchia e Ungheria).

Passi indietro rispetto ai precedenti summit e alla possibilità di aprire delle procedure di infrazione contro gli stati inadempienti. Ora è tutto volontario e l’Europa è sempre più in ordine sparso, trovandosi d’accordo solo nel foraggiare governi corrotti e non impegnarsi nel realizzare delle microimprese, come ci dimostrano i centinaia di milioni di euro per motovedette e addestramento di eserciti.

Un progetto di piscicoltura in Camerun, in Togo la coltivazione dei funghi, buoni e con ottime proprietà nutritive, a Tambacounda, in Senegal, una lavanderia, gli orti comunitari nel Ciad. Microimprese, seguite dalla Fondazione Magis, che non coinvolgono solo intere comunità per dare un’alternativa alla migrazione, ma offrono a gruppi di donne una via all’emancipazione. Nel futuro dell’Africa potrebbe esserci anche la produzione di bioplastica dagli scarti vegetali, grazie alla ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e dall’interesse che ha mostrato il presidente della Costa d’Avorio.

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Migrazione: Umanità sofferente tra due fuochi

Migrazione Profughi

Il Rapporto Annuale 2017 che il Centro Astalli, ha presentato l’11 aprile, è una fotografia aggiornata sulle condizioni dei richiedenti asilo e rifugiati che durante il 2016 si sono rivolti alla sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, ma è stata anche un’occasione per riflettere sugli sviluppi dell’accordo dell’Unione europea con la Turchia e le nuove direttive decreto dei ministri Minniti-Orlando.

Un’umanità che non deve solo fuggire dalla morte, ma affrontare un cammino impervio tra montagne e deserti, evitando di essere venduti come schiavi, per poi trovarsi davanti a distese d’acqua e le barriere turche, affrontare le nuove norme d’accoglienza e la tenace ostilità della destra, le schizofreniche posizioni dei penta stellati e le fosche accuse gettate dalla magistratura catanese sul ruolo di alcune navi di Ong di “comodo” per spalleggiare il traffico di esseri.

Non è possibile fare di un sol fascio le Ong come Medici Senza Frontiere o Save The Children con quelle pseudo che battono bandiere dubbie, tant’è vero che il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro sta concentrando la sua attenzione sulla maltese Moas o le tedesche.

Il procuratore di Catania ammette di non avere dei riscontri decisivi, ma la sua esternazione si basa su di una mera ipotesi, forse nata da un datato sospetto di Frontex. È triste se la Legge in Italia viene applicata su “sensazioni” o “sospetti” e non sulle prove dei fatti.

Ora Frontex, dopo aver attaccato le organizzazioni non governative di fare il gioco dei trafficanti di esseri umani, si corregge e attraverso il suo portavoce dichiara: “Salvare vite non è solo una priorità, ma anche un obbligo internazionale per tutti coloro che operano nel mare”.

Sulle polemiche di questi giorni sui rapporti di alcune Ong e scafisti, interviene anche il direttore dell’Iom (International Organization for Migration)  per l’Europa, Eugenio Ambrosi che sostiene come non sia di aiuto il fatto di “alimentare percezioni che mettono sullo stesso piano o confondono interessi criminali a scopo di lucro ed entità senza scopo di lucro che lavorano per salvare vite in mare”. Ma aggiunge “non possiamo essere ingenui. Il fatto che navi di soccorso di Ong operino così vicino alle acque libiche può essere sfruttato dai trafficanti”. E prosegue: “è necessario definire meglio il ruolo e le regole delle Ong e le risorse dell’Ue per l’obiettivo principale di garantire che nessuno muoia in mare”.

Una questione questa sulle responsabilità delle Ong nel traffico di esseri umani che un Movimento estremamente “fluido” come quello delle 5 Stelle, dalle mille opinioni che porta, certe volte, i suoi a disquisire, per noia più che per competenza, non si è fatto sfuggire per scavalcare in superficialità la Lega e i quattro gatti della Meloni che sventolano la bandiera della patria sovranità, ma è solo una vuota parola per mascherare da patriottismo il vero significato di egoisti.

Il direttore di Migrantes (Cei), mons. Giancarlo Perego, in un’intervista a Tv2000, afferma che al di là delle accuse da provare questa è una polemica “strumentale per portare lontano dall’impegno vero che dovrebbe essere di tutti i Paesi europei e i cittadini di fronte a un dramma che sta crescendo”, invece di trovare delle concrete soluzioni politiche che potrebbero proporre dei Corridoi umanitari attivati dalla collaborazione ecumenica fra cristiani della Comunità di Sant’Egidio, le Federazione delle Chiese evangeliche, le Chiese valdesi e metodiste, con un protocollo d’intessa firmato con il Ministero degli Affari Esteri e degli Interni.

Quello dei Corridoi umanitari non è solo una soluzione per salvaguardare la vita umana e garantire una migrazione avulsa da possibili infiltrazioni malavitose e terroristiche, ma soprattutto economicamente vantaggioso per l’Europa, invece di sperperare miliardi di euro solo per respingere.

La politica non dovrebbe strumentalizzare e accanirsi sulle Ong, ma trovare delle soluzioni che non siano la solita abitudine di ricorrere a un rimedio provvisorio, per una visione che invece travalichi la punta del naso modello Minniti-Orlando.

Con il decreto dei ministri Minniti-Orlando che prevede un Centro di permanenza per il rimpatrio a misura “umana” in ogni regione, eliminazione dell’appello dopo rifiuto al diritto d’asilo,  si velocizzano le procedure per la concessione del diritto di asilo e la possibilità di svolgere lavori di pubblica utilità gratuiti e volontari. Alcuni migranti si sono organizzati e hanno “adottato” un tratto di marciapiede o di mercato rionale romano nel tenerlo pulito, affidandosi al buon cuore del passante per raccogliere qualche euro.

Papa Francesco ha più volte stigmatizzato i Centri di permanenza come lager e simbolo della negazione di qualsiasi umanità. La migrazione rimane un proficuo affare, come dimostra lo stanziamento di 19 milioni di euro per garantire l’esecuzione delle espulsioni, mentre l’Ue destina alla sorveglianza, anche con droni, delle frontiere 4,5 miliardi di euro da spendere entro il 2020.

Non è tutto, l’Ue sta impegnando complessivamente una cifra vicino ai 600 milioni di euro non solo per la ricerca e lo sviluppo di progetti per la sicurezza nel Mediterraneo, ma anche per Frontex e per Eos (European organisation for Security), il principale gruppo europeo impegnato per la sicurezza, che spinge per la creazione di un gruppo di lavoro per studiare un sistema di controllo delle frontiere denominato “EU Border check task force”.

La migrazione non è solo un “affare” per tener fuori dall’Europa gli Altri, ma anche per accogliere chi riesce a mettere piede in uno dei 27 paesi dell’Unione. Ogni governo, chi più chi meno, destina fondi per gestire una crisi che dura da anni trasformando la disgrazia di molti in lavoro per alcuni e grazie a istituzioni pubbliche e private, oltre che a singoli cittadini, si possono garantire dei pasti, e con qualche difficoltà per dare dei posti letto ad ognuno.

Nell’anno passato, il Centro Astalli, ha potuto contare sull’8 per mille Cei, Migrantes, Fondazione Bnl e Segretariato sociale Rai, per poter coprire i 3milioni e 100mila euro spesi per i servizi offerti dalla sede romana.

I Gesuiti del Centro Astalli sono impegnati sull’accoglienza, mentre i Gesuiti di Magis lavorano per sviluppare delle realtà economiche di cooperazione tra gli abitanti dei luoghi dai quali proviene parte dei migranti.

La situazione migratoria continua ad essere affrontata soprattutto con la limitazione della libertà di circolazione per alcune categorie di persone, ignorando l’articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò il 10 dicembre 1948, ma sottolineando invece l’articolo 45 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sulla Libertà di circolazione e di soggiorno riguardante solo i cittadini dell’Unione.

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Qualcosa di più:

Migrazione: Orban ha una ricetta per l’accoglienza
Aleppo peggio di Sarajevo
Migrazione: La sentinella turca
Migrazione: Punto e a capo
Migrazione: Il rincaro turco e la vergognosa resa della Eu
Europa e Migrazione: un mini-Schengen tedesco
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Un Mondo iniquo
Rifugiati: Pochi Euro per una Tenda come Casa
Siria: Vittime Minori
Europa: Fortezza d’argilla senza diplomazia
La barca è piena
Il bastone e la carota, la questione migratoria

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Grégoire, un uomo che libera altri uomini

Grégoire Ahongbonon è un uomo africano che abbiamo conosciuto ad agosto durante il campo di volontariato in Benin.
Un uomo semplice con una grande forza: libera dalle catene i malati psichici soli e abbandonati, offrendo loro dignità e un’altra possibilità di vivere nelle diverse comunità che ha in Africa.
Il 9 novembre ore 18.30 sarà con noi e ci racconterà la sua incredibile storia.

Per saperne di più

Bei Gesti Magis Grégoire Ahongbonon LocandinaIl 9 novembre 2014 ore 18.30
Sala Assunta, Via degli Astalli, 17 – Roma

GREGORIE, UN UOMO CHE LIBERA ALTRI UOMINI

Incontro con

Grégoire Ahongbonon, Testimone
Lia Bambagioni, Psicologa
Cinzia Calandriello, Volontaria Campo Benin

Aperitivo conviviale

Magis

Bei Gesti Magis Grégoire Ahongbonon home

 

 

 

 

Magis Forma Missionaria

Il MAGIS propone una giornata di FORMAZIONE MISSIONARIA per risvegliare il desiderio di missionarietà in tutti coloro che si sentono attratti da questa sfida.

Sabato 10 maggio 2014
a Roma presso la Parrocchia San Saba
Piazza Gian Lorenzo Bernini, 20
(10 minuti a piedi dalla Metro B Fermata Ostiense)

Per infomazioni:

Sito Magis

Programma

Padre Renato Colizzi SI
email: colizzi.r@gesuiti.it
cell. 3203337199

Sabrina Atturo
Fondazione MAGIS
Tel.  +39 06/69700280
Fax. +39 06/69700315

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Voglio Andare a Scuola

Mentre si recava al Centro Sociale e Culturale dei padri gesuiti di Cotonou in Benin, padre Elphège Quenum vide avvicinarsi Eric, un giovane ragazzo che gli lasciò un foglio con scritto: “voglio andare a scuola”. Eric vive in un quartiere dormitorio di Cotonou, quartiere abitato da famiglie emarginate, sofferenti, in balia di sétte, dove molti ragazzi e giovani vivono allo sbando. Il padre di Eric è solo e con molti figli da accudire; non riesce più a garantire ad Eric l’iscrizione scolastica.

Per aiutare Eric e tanti altri ragazzi che vivono nella periferia di Cotonou in Benin, il MAGIS lancia la Campagna Educazione 2014. Vogliamo impegnarci con te a sostenere le attività dei padri gesuiti in Benin e particolarmente del Centro Sociale e Culturale a Cotonou (CREC). Vogliamo aiutare il CREC ad accogliere i ragazzi e i giovani in difficoltà per garantire loro sempre più assistenza e accoglienza, un percorso scolastico, una formazione umana e spirituale.

Considerato che il Benin è tutt’oggi uno dei paesi africani con l’indice di sviluppo umano più basso al mondo, insieme dobbiamo fare il possibile per farci loro compagni di strada, aiutando i ragazzi a divenire autentici protagonisti della società.

 Sito

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