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Clima: Alla Cop 27 si preferisce pagare e non prevenire

Dalle grandi speranze dickensiane della Cop di Parigi del 2017 alla conferenza egiziana, si è consolidato l’impegno dei ricchi a pagare piuttosto che prevenire e gli oltre 100 paesi vulnerabili, svantaggiati, quelli che subiscono maggiormente gli effetti dei cambiamenti climatici, si trovano a “far buon viso a cattivo gioco” nell’affermare di essere soddisfatti, ma non contenti con l’istituzione di un fondo per il risarcimento derivante dai danni dei cambiamenti climatici.

Un fondo che non potrà risarcire la perdita delle terre e delle vite umane, dell’estendersi delle malattie respiratorie, ma soprattutto nel non permettere ai profughi climatici di accedere ai paesi ricchi,  per avere una possibilità di costruirsi una vita lontano da carestie ed alluvioni, perché bollati come emigranti economici e non in fuga da guerre e da persecuzioni.

Sembra sia più tranquillo e facile vivere nella gelida tundra che nei luoghi temperati o caldi, dove se non è il deserto a divorare la terra è l’acqua a sommergerla e l’avidità delle persone a rendere difficile la vita al prossimo. A quegli altri di noi, sfortunati nell’essere nati nei luoghi sbagliati.

L’Umanità che cerca un luogo per vivere non può essere discriminata dal motivo della loro fuga, una guerra con le armi non è differente da una contro una natura inospitale. Entrambe possono essere sconfitte se ognuno è interessato a vincere.

In questo contesto si evidenzia la presenza di cinque gruppi di paesi:

quelli industrializzati che discutono come il senato a Roma

quelli industrializzati ai quali non basta e vogliono di più

quelli che provano ad industrializzarsi ma non glielo si vuol permettere

quelli che l’industrializzazione la fanno i governanti nelle loro tasche

quelli che non ambiscono ad industrializzarsi

Un Fondo di “solidarietà” con dei donatori aleatori, la Cina vorrebbe far pagare solo l’Occidente, basato sull’elargizione di soldi per compensare le perdite ed i danni, il Loss and damage, alle persone e all’ambiente che non mette tutti d’accordo.

Un impegno finanziario che a lungo sarà veramente costoso con i cambiamenti climatici dirompenti.

Un fondo sarà istituito dai governi ricchi per il salvataggio e la ricostruzione delle aree vulnerabili colpite dal disastro climatico, una richiesta chiave delle nazioni in via di sviluppo negli ultimi 30 anni di colloqui sul clima.

I paesi ricchi, come gli Stati Uniti e il Canada, temono una serie di richieste di risarcimento miliardarie, quindi non sono risarcimenti, ma aiuti, per escludere ogni forma di “responsabilità” e “compensazione” per i danni dovuti al riscaldamento globale.

Ma il risultato è stato ampiamente giudicato un fallimento negli sforzi per ridurre l’anidride carbonica, dopo che i paesi produttori di petrolio e quelli ad alte emissioni hanno indebolito e rimosso gli impegni chiave sui gas serra e l’eliminazione graduale dei combustibili fossili. Una abolizione resa difficile dai sussidi energetici dati indiscriminatamente alla produzione con gli idrocarburi e con le rinnovabili, rendendo faticosa la transizione ecologica.

Molti gridano che il Mondo è “sull’orlo della catastrofe climatica” o ancora “Il nostro pianeta è ancora al pronto soccorso” (António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite).

Avvertimenti, tante parole, ma la Terra e gli esseri viventi che la abitano sono in balia dei caprici dell’industria dei combustibili fossili.

Nell’articolo di Damian Carrington, “The 1.5C climate goal died at Cop27 – but hope must”, sul Guardian https://www.theguardian.com/environment/2022/nov/20/cop27-summit-climate-crisis-global-heating-fossil-fuel-industry?CMP=Share_AndroidApp_Other si lascia intravvedere un filo di speranza, non è sufficiente ridimensionare timidamente l’utilizzo del carbone se non si intensifica l’impegno a non utilizzare il petrolio e nell’industria.

Anche se alla Cop27 è naufragato l’impegno di mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5°C, ciò non significa arrendersi.

Esiste ancora una speranza, anche se le maggiori economie devono impegnarsi ad ulteriori tagli alle emissioni di carbonio.

I combustibili fossili sono l’ostacolo alla sopravvivenza del genere umano, perché la Terra si riprenderà dopo un Mabul, un diluvio universale, con la scomparsa di molte persone, con una nuova flora rigogliosa e con una diversa fauna e degli umani temprati agli habitat sfavorevoli. Sarà la soddisfazione darwiniana di quello che rimarrà degli 8 miliardi di persone su questa Terra. Forse non sarà necessario un nuovo Mabul, saranno le persone a maledire la Terra.

Quando si deciderà a concentrarsi sulla prevenzione potrebbe essere tardi e una delle prossime generazioni, dopo alternanze repentine delle temperature, potranno fronteggiare un’alluvione di dimensioni bibliche e la natura si difenderà dalla presenza Antropocenica.

Se la Cop egiziana è stata influenzata dalle alleanze regionali, ancor di più quella che si svolgerà a Dubai, uno tra i maggiori esportatori di petrolio al mondo, senza tener dell’indifferenza che entrambi i paesi hanno per i Diritti umani.

Vampiri classici

L’uomo fin dalle suo primo pensare. ha voluto dare corpo alle sue paure, attribuendogli sembianze terrificanti; erano creature difficilmente identificabili con una sola identità e il cui solo hobby consisteva nel nutrirsi di sangue e carne umana.

Le divinità terrestri, infernali, “ctonie”, eternamente contrapposte alle entità superne, celesti, olimpiche, fin dal primo barlume di religiosità nell’uomo primitivo hanno assunto una importanza basilare nel determinare l’assetto spirituale della società tribale. Proprio questo contrapporsi dell’entità oscura-interna all’entità luminosa-estema, questa complementarità era (e sempre lo è stata, fino alla religione cristiana) necessaria all’equilibrio del naturale e soprannaturale.

L’entità demoniaca anzi, per la sua maggiore. terrestre vicinanza alle quotidiane necessità dell’uomo, in un certo senso spiegava e catartizzava le fondamentali sue paure e ossessioni.

Queste entità in genere appartenevano all’olimpo il1feriore; ai piani “bassi” della natura: abissi, caverne, ipogei; o simboleggiavano i piani inferiori, oscuri dell’umano: le energie negative dell’odio, la vendetta, la crudeltà, la sessualità sfrenata; o infine presiedevano al mistero fatale e insolubile della morte e dell’aldilà.

Notevole, nell’antichissima civiltà minoica, il mito del Minotauro, uomo-toro che periodicamente si nutriva di giovane carne umana nei recessi orridi del suo Labirinto.

Quello del mostruoso toro è un importante archetipo che ritorna in molte tradizioni religiose, dal sacrificio del dio Mitra alle rituali corride, toro che incarna l’energia tellurica, sotterranea, del mondo primordiale al quale si contrappone il luminoso eroe (Teseo, Mitra) che lo vince e lo aggioga al nuovo ordine cosmico.

Interessante la spiegazione legata alla nostra cultura psicoanalitica che vede nel Minotauro, la colpa rimossa e nascosta nei recessi della Psiche-Labirinto, forza divorante che affiora ciclicamente.

Spostiamoci nell’Olimpo dell’antichità greca dove appaiono non solo bellissime ed armoniche entità celestiali, come comunemente si crede, ma pur numerose divinità e semidivinità infernali, mostruose e deformi.

Possiamo anzi dire che i greci, maestri di sintesi spirituale. più di ogni altra civiltà hanno saputo genialmente e poeticamente rappresentare il mistero delle oscure forze umane. iniziamo dallo stesso Cronos, l’antenato d’ogni divinità, l’orco primordiale, simbolo della forza cieca e divoratrice, colui che si nutre dei propri figli, curiosa immagine perversa del padre nell’enigma edipico. Le Erinni, le sanguinarie dee della vendetta (Megera, Tisifone, Aletto), tormentavano fino alla follia l’omicida colpevole. Altre infernali sorelle le tre Gorgoni (Medusa, Eurialo, testa folta di serpenti, zanne sporgenti dalle labbra, impietrivano solo con il loro orrendo apparire, deformazioni mostruose della psiche.

Ecate, dea dei morti, presiede alle apparizioni dei fantasmi e ai sortilegi: donna con tre corpi e tre teste, accompagnata dai lupi è posta nei crocicchi, antenata delle streghe medioevali.

Alla corte di Ecate era Empusa, spettro dal piede di bronzo, sorta di vampiro in fonna di donna seducente, si nutriva di sangue e carne umana; poi Eurinomo, demone che divora le carni appena seppellite, lasciandovi le ossa; e ancora le Chere, altre divinità vampiresche che emergono dal profondo per rapire, sui campi di battaglia, i corpi degli agonizzanti e succhiarne il sangue: esseri alati neri, con grandi denti bianchi e unghie.

Si sarà certo notata la assoluta predominanza del mostruoso al femminile nell’immaginario degli antichi, forse sintomo di un diffuso misoginismo o convinzione che la donna fosse legata alla spiritualità inferiore come umanità più terrestre ed elementare?

I Lemuridi, apparizioni spaventose delle anime dei morti, che con le proprie inquietudini vengono a tormentare i vivi, venivano scongiurati con le feste annuali dette “Lemurie”, descritte da Ovidio nei Fasti.

Così siamo passati all’antica Roma che del resto tutto, o quasi tutto deve, come panorama soprannaturale spirituale alla Grecia classica. Ma sopratutto Roma eredita dagli Etruschi quasi per intero la tradizione simbolica infernale.

Gli Etruschi abbondarono, per fertile fantasia e cupa immaginazione, popolare il mondo sotterraneo ultramondano, che era poi un modo per esorcizzare il loro fondamentale orrore della morte.

Tipiche del misterioso rapporto fra le ombre e la potenza sessuale la rappresentazione delle “Animu1e” filiformi, forze primordiali ed essenziali, o il demone (“genius” dei romani) che rappresenta e conserva il principio vitale trasformato nel simbolo sessuale puro e semplice. Tipici demoni etruschi i mostri Charon (dal Caronte greco): corpo verdastro, naso adunco, denti da belva, alato e armato di mazzuolo per tramortire i morenti, terribile personificazione del trapasso, e Tuchulcha, altro uccello rapace dalle lunghe orecchie appuntite. Infine il lupo, già divinità infernale greca e poi latina, della cui pelle si coprono talvolta i demoni etruschi, Mormo1ike, creatura dell’Acheronte con cui si ammutolivano i bambini disobbedienti, minacciandoli con la sua apparizione.

EcoTipo – L’Evasione Possibile

Demoniache presenze

Dalla vampirografia un elemento risulta chiaro: la persistenza (stavamo per dire l’immortalità) del conte Dragula. In quanto archetipo, il vampiro esiste da sempre e riesce a sopravvivere anche senza scrittura: ne fanno fede film di serie B di cui neanche si conosce il nome del regista, più migliaia di fumetti e di romanzi di consumo, pubblicati in decine di lingue. Inoltre, pur condizionato dalle sue insolite esigenze fisiologiche, il vampiro presenta notevoli capacità di  adattamento ambientale: tanto per fare solo due esempi nella Russia zarista de La famiglia del Vurdalak di A. Tolstoij, i nostri oscuri amici non possono muoversi oltre i confini del loro terreno, in quanto servi della gleba come i vivi, mentre in Vamp (1986) sono perfettamente inseriti in un ambiente metropolitano. Anche la connotazione di classe si adegua: l’aristocratico conte Dracula è affiancato ora da figure più comuni, figlie tutte della democrazia. E le vampire?

Certo Lucy o Clarimonde o Vespertilia sono ben più raffinate della volgarotta Vampirella o dell’impresentabile Sukia. Ma è il principio quello che conta.

Tuttavia, in mano al grande artista, Nosferatu (il non-morto) attinge al Sublime: diventa Eroe, Antieroe, Titano, Lucifero: Stoker, Dreyer e Murnau riscattano da soli tutti gli altri.

La chiave di volta è nell’aver creato una tensione morbosa, un meccanismo demoniaco di attrazione e repulsione che attira il protagonista, immancabilmente venuto da fuori, in una sorta di ragnatela. Si può arrivare a una forte intellettualizzazione: nelle Rivelazioni in Nero di Karl ]acobi la vittima di turno viene attirata dalla lettura del diario di un vampirizzato. Né mancano i manoscritti, l’ultimo dei quali è, stato … scoperto da Marin Mincu. Ora, Jerome K. Jerome l’autore di Tre uomini in barca) afferma çhe i personaggi delle tragedie mancano sempre di buon senso. Ma nell’Horror siamo a livelli ben peggiori: gli avvertimenti sono inutili, ci si avventura da soli di notte per tombe e cripte, si irridono tutte le maledizioni incise sulla pietra.

Questo perché il protagonista sente sempre la profonda affinità che lega i vivi ai morti. Quel che è peggio, intuisce o scopre non solo l’essenza del Vampiro, ma anche la propria. Non è solo Dracula ad aver paura dello specchio: il rischio maggiore lo corrono i vivi, che infatti diventano vampiri.

Basta un dettaglio del genere per capire l’antichità del culto: il carnevale stesso o Halloween fanno uscire i morti trai vivi, e questi ultimi non trovano soluzione migliore che mascherarsi da morti, cioè diventare morti. Ma esiste l’altra soluzione: è l’Eros, unico antagonista appunto della Morte, di Thanatos, Nosferatu viene intrattenuto dalla moglie della vittima fino all’alba: la donna – si chiami Ellen ci Lucy Harker non importa – conosce infatti la vera debolezza dei vampiri.

Nosferatu davanti alla Luce svanisce: in realtà è stato integrato e assimilato.

Ma sentiremo parlare ancora di lui…

EcoTipo – L’Evasione Possibile

Il Profeta incompreso

…. È morto Gorbaciov…. è forse l’unico uomo politico a cui ho voluto bene, ricordo che quando venne a Roma tanti anni fa andai in strada insieme alla gente per salutarlo (cosa che non mi sono mai sognato di fare per nessun’altro)… Fu un politico avveduto, sincero socialista con una grande visione di rinnovamento umano e sociale, ebbe a cuore il bene della sua gente in una Russia aperta al dialogo e alla diffusione culturale: cercò di salvare gli ideali del vero socialismo in un riavvicinamento democratico alla realtà dei nuovi tempi…. e ci sarebbe riuscito, ma naturalmente fu “fatto fuori” dai vecchi caporioni dell’imperialismo sovietico… chi venne dopo non fu alla sua altezza (Eltsin), ed oggi siamo tutti nelle mani di un Putin!

La guerra è una parola

Immagino i futuri libri di scuola: “Dopo oltre 70 anni di pace in Europa garantita dall’equilibrio tra le nazioni, dal benessere sociale, dalla ricchezza dei commerci e dai trattati internazionali, nel 2022 l’invasione russa dell’Ucraina fu l’inizio della Terza Guerra Mondiale, che rimise in gioco equilibri e conquiste civili consolidate”. Ma guai a chiamare le cose con il loro nome: la guerra è fatta anche di parole che negano la sua stessa realtà: è un’ “azione speciale”, anche se dura da quattro mesi invece che quattro giorni, mentre il nemico è privo di identità: “l’Ucraina è Russia”, che ricorda “Trst je nas” <Trieste è nostra> del Maresciallo Tito. Cito dal convegno “Guerra e Pace”, democraticamente svolto a Montecitorio il 29 giugno 2022:

«A oltre quattro mesi dall’inizio dell’operazione speciale militare in Ucraina secondo la versione russa o invasione secondo la speculare versione euroatlantica cominciano a emergere le prime avvisaglie di una frattura all’interno del cosiddetto fronte occidentale che si riflette nelle società civili dei vari paesi europei»

Ma come ci ha insegnato il linguista Noam Chomsky, con la parola la politica non descrive il mondo: lo crea. Sono proprio le parole a marcare i cambiamenti. Ricordo Balkan Express di Slavenka Drakulic’, un libro uscito al tempo della guerra civile jugoslava (anni ’90 del secolo scorso); ma oggi citerei la scrittrice  e sceneggiatrice di Kharkiv (per i russi: Kharkov) Marina Višneveckaja, la quale  nel suo Dizionario dei cambiamenti (è una comunità Facebook) traccia dal 2011 il modo come la lingua cambia nel tempo, soprattutto nei suoi aspetti socio-politici. Il tempo di osservazione deve essere piuttosto lungo; i cambiamenti sono significativi se diventano stabili nel tempo, quindi il Dizionario dei cambiamenti esce ogni 2 o 3 anni. Lo scorso aprile è stata presentata l’edizione del 2022, relativa al periodo 2017-2018. Parole che scompaiono e altre che assumono nuovi significati (vetera verba novata significatione , direbbero gli antichi manuali di retorica). Ebbene, guarda caso il lessico politico russo inizia a cambiare dal 2014, anno dell’invasione della Crimea, l’ operazione speciale”, che riuniva alla Russia il porto militare di Sebastopoli e costituisce di fatto l’inizio della nuova politica estera di Putin.

La ‘Parola dell’anno’ fu non a caso il neologismo Krymnash, cioè ‘La-Crimea-è-nostra’: sulla bocca di alcuni era un’esclamazione di giubilo, sulla bocca di altri era un soprannome per i patrioti sciovinisti. Bene, il nostro dizionario include parole come Krymnashist (un sostenitore dell’annessione della Crimea alla Russia) e Krymnashism (l’ideologia dei krymnashist). Contemporaneamente, compariva nella nostra lingua l’espressione “Guerra civile fredda”, che descrive la spaccatura avvenuta nella società” (citato da un articolo su Il Foglio del 3 giugno 2022)

E se posso dare un consiglio, leggetevi con cura le fonti russe e/o “collaborazioniste”.  Un italiano si firma p.es. “Angelo Vendicatore” e riempie con i suoi interventi il sito di discussione Quora (https://it.quora.com/ ). A parte qualche grossolano falso storico e ideologico, fornisce un quadro preciso non tanto della macchina del consenso, ma rende leggibili alcuni concetti che noi “occidentali” tardiamo a capire. Già, perché una cosa sono i comunicati per l’opinione interna russa, altro è quanto riservato ai media occidentali, si suppone siano più informati e meno controllati di quelli russi. Cito ad esempio un articolato contributo del colonnello Jacques Baud, un ex-ufficiale di stato maggiore svizzero che aveva avuto anche incarichi di alto livello. S’intitola “La vera storia della guerra in Ucraina: parla un ex colonnello di ONU e NATO” e ne cito la versione pubblicata su www.renovatio21.com (ne circolano varie traduzioni, quindi è un documento ufficiale). Un punto mi ha colpito in modo particolare:

“Molti commentatori occidentali si sono meravigliati del fatto che i russi abbiano continuato a cercare una soluzione negoziata mentre conducevano operazioni militari. La spiegazione è nella concezione strategica russa, fin dall’epoca sovietica. Per gli occidentali, la guerra inizia quando cessa la politica.  Tuttavia, l’approccio russo segue un’ispirazione clausewitziana: la guerra è la continuità della politica e si può passare fluidamente dall’una all’altra, anche durante il combattimento. Questo crea pressione sull’avversario e lo spinge a negoziare.  Da un punto di vista operativo, l’offensiva russa <iniziata il 24 febbraio 2022, ndr.> fu un esempio nel suo genere: in sei giorni i russi si impadronirono di un territorio vasto quanto il Regno Unito, con una velocità di avanzamento maggiore di quella che fece la Wehrmacht nel 1940”

A parte il sinistro e controproducente riferimento alla Wehrmacht, c’è l’ammissione ufficiale della Guerra come Valore, la vera discriminante fra l’Europa democratica e la Russia di Putin. Che la guerra sia la continuazione dell’azione politica lo aveva teorizzato Carl von Clausewitz dopo le guerre napoleoniche e il suo trattato Della Guerra è la bibbia delle scuole militari. Solo che dopo la seconda G.M. la nazioni europee hanno rinunciato alla guerra come strumento di pressione politica e l’Italia addirittura l’ha inserito nella Costituzione. La Russia no. La questione è tutta qui.