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Julie Polidoro: dipingendo lo smarrimento

Quella di Julie Polidoro si può definire “una pittura anche senza pittura”, nel suo lasciare alcuni spazi della superficie pittorica senza pigmento, per evidenziare le luminosità dell’opera e per raccontare le differenti realtà.

Realtà di una Terra vista da un oblò, con le cromachie che fanno risaltare i momenti e le condizioni dello “scatto”, una diversificazione dei colori per i cambiamenti atmosferici, in una geografia geopolitica in continuo cambiamento, con nazioni che scompaiono e altre che si formano, in un continuo scindersi di stati liquidi dove l’unico elemento stabile è il cielo.

Poi le tele che catturano le immagini filtrate dallo schermo del pc, per una riflessione sulla condizione umana, sia di profughi che di lavoratori in condizioni di sfruttamento, ma in entrambi i casi viene raffigurata un’umanità sradicata dal suo abituale contesto per essere in ampi open space, dove ognuno cerca il suo angolo di quotidianità.

Le opere di Julie Polidoro, oltre ad essere caratterizzate da tele con dei “vuoti” di pigmento, portano in evidenza le pieghe del tessuto, come dei punti di riferimento, come delimitazioni, come delle coordinate geografiche che non esaltano solo i lavori cartografici, per ritrovare il luogo, ma anche per uscire dallo smarrimento dei continui cambiamenti distruttivi del clima, della disumanizzazione dei centri di detenzione.

Tele che si piegano per essere trasportate ovunque e poi srotolate, una sorta di moderna versione del cantastorie, aggiornato ai giorni nostri, accantonando le storie di paladini e nobili traditi, per illustrare ciò che l umanità riesce a fare ai propri simili e all’ambiente nel quale vive.


Julie Polidoro
Today is Yesterday’s Tomorrow
Dal 24 maggio al 20 settembre 2024

Dicastero per la Cultura e l’Educazione
piazza Pio XII 3
Città del Vaticano

Le visite alla mostra, tutte su prenotazione, potranno essere riservate scrivendo all’email eventi@dce.va


GUERRA… fino a quando?

Opera di Daniela Passi per la mostra “Bandiera per la Pace”

iamo a giugno e due guerre in corso sono tuttora senza una soluzione a breve termine. Parliamo ovviamente del conflitto in Ucraina e quello a Gaza. Il primo ormai dura da oltre due anni, l’altro “solo” da otto mesi. Si tratta di guerre diverse una dall’altra e diversamente sentite. Geograficamente è più vicina a noi quella che si combatte in Ucraina, ma stranamente la mobilitazione giovanile si concentra piuttosto sulla striscia di Gaza. Eppure se un giorno dovremo andare al fronte, non sarà certo al valico di Rafah. Era dalla Guerra Fredda che non si parlava più di deterrenza, riarmo, ripristino della leva, costose esercitazioni militari in grande scala. La NATO se non fosse stato per l’azzardo di Putin aveva da tempo perso la sua funzione originaria, che era appunto difendere l’Europa da un’invasione sovietica. Europa ambigua come al solito: tutti vogliono aiutare l’Ucraina, ma lo fanno in ordine sparso, senza un vero coordinamento. Forse l’immagine simbolica dell’Europa è proprio Nemo, il cantante che ha vinto l’Eurofestival, metafora del mutante in bilico. Questo mentre a Karkiv (Karchov per i russi) si combatte come nella seconda G.M. (storicamente sarebbe la quarta battaglia) e quasi con le stesse tattiche: droni e missili a parte, i russi hanno solo da poco scoperto l’infiltrazione e continuano a combattere come nelle due guerre mondiali, mandando avanti carri e fanteria su tutto il fronte dopo aver sparato migliaia di colpi di artiglieria. Difficile capire fin dove possono arrivare, i progressi sul campo sono molto lenti e probabilmente cercano di saldare i vuoti nello sparso schieramento tra il Donbass e Odessa. Come ho già scritto, in una guerra di logoramento conta più la capacità di rifornire il fronte di uomini e mezzi rispetto all’arte della guerra vera e propria, dove i russi hanno dimostrato di avere scarso coordinamento fra le armi e una scuola di guerra antiquata. Ma hanno dalla loro parte risorse demografiche e industriali quasi infinite e questo alla lunga conta. Le varie iniziative di alcuni stati europei di reintrodurre il servizio di leva o di potenziare la produzione di armamenti richiedono tempo e risorse. In più, c’è una generazione per motivi storici totalmente estranea all’idea stessa di guerra in casa, e se gli ucraini stessi faticano a convincere i loro giovani ad andare al fronte, figurarsi gli altri. Nel frattempo anche a Gaza si continua a morire e ci si chiede che fine abbia fatto l’ONU.

Resta inoltre un problema di non poco momento: come analizzare i dati di una guerra. E’ chiaro che ogni parte tira l’acqua al proprio mulino, la propaganda e la disinformazione sono sempre esistite e adesso sono amplificate dai social e dai nuovi mass media. In genere io capisco se la fonte è russa o ucraina dalla grafia con cui sono scritti i nomi delle città e dei villaggi e seguo in genere più fonti insieme cercando di avere anche mappe aggiornate del terreno di scontro, ma foto e documenti vanno sempre vagliati con attenzione. Molti giornalisti vengono cacciati o perseguitati, quindi è difficile avere un quadro realistico del fronte, sia quello ucraino che quello palestinese. L’importante è controllare le fonti e non credere mai troppo neanche alle foto o ai brevi video (commentati sempre con musica rock, ndr.): ormai con l’IA è possibile anche creare dei falsi perfetti. Il vecchio metodo della storiografia – raccogliere documenti originali e analizzarli – si deve aggiornare ai tempi nuovi. E propone nuove sfide agli analisti.

Alla ricerca degli artisti perduti 8

William Merritt Chase (1849 – 1916)

Fu pittore americano celebrato con molte onorificenze in patria, ritrattista famoso molto richiesto da varie personalità; stabilì a New York una sua personale scuola di pittura.
Decisivo il suo viaggio in Europa (un classico irrinunciabile per la formazione degli artisti americani nell’ ‘800), dove ammirò i grandi impressionisti divenendone in un certo senso un seguace.
Ma l’impressionismo di Chase è un limpido e contenuto richiamo dei rivoluzionari parigini. La sua pittura risente molto di quel tardo romanticismo inglese, e di un certo classicismo che si ritrova anche in un altro grande artista americano: John Singer Sargent.
Aggiungerei anche James Whistler in questo celebre drappello, anche se quest’ultimo si distingue per maggiore sintesi e originalità.
La pittura di Chase, innamorata anche di strani richiami tardo-rinascimentali (vedi qui illustrato il “ritratto di giovane donna in costume giapponese”), vive di ottime qualità chiaroscurali e di quella solida impostazione che è tipica della scuola americana fine ‘800)

l’immagine rappresenta un dipinto di Afro Basaldella

L’Astratta l’Informale et Similia

Specifichiamo, altrimenti mi becco la nomea di cieco e retrivo formalista!…C’è il buon astratto, il cattivo e anche cattivissimo astratto, fino all’astratto/distratto!
C’è una bella differenza fra gli astrattisti che sono giunti all’astrazione attraverso l’esperienza del figurativo ( Afro, Klee, Mondrian ecc.) e gli astrattisti che esordiscono con l’astratto!( Ci si arriva all’astratto,non si esordisce!)
Mi dispiace, ma il sospetto fondato dell’improvvisazione e il solito alibi: che anche i grandi hanno usato in “libertà” colori e linee, sia ” il tana,libera tutti”! che giustifichi anche l’assoluta banalizzazione dell’astratto!
Non è così; la totale imperizia di una sia pur minima costruzione figurativa incentiva solo il sedicente astrattista confusionario e superficiale che non ha diritto di cittadinanza nel mondo dell’arte.
Chi è passato attraverso l’esperienza del figurativo, pur deforme, manipolato, dissolto e ricomposto, nelle leggi fondamentali dei rapporti spaziali e costruttivi, può accedere a buon diritto ad una astrazione significativa e di valore.
Il resto è paccottiglia presuntuosa e immotivata!

Jacopo Robusti detto Tintoretto (1518 – 1594)

Jacopo Robusti, detto il Tintoretto: altro pittore visionario e delirante; originalissimi i suoi dipinti ( di enorme estensione!),dove le figure si stemperano perdendo consistenza plastica, come fantasmi o ectoplasmi! ( come qui illustrato nella sua “Ultima Cena”)

Gustav Klimt (1862 – 1918)

Klimt – Un erotismo bizantino: un mosaico aureo che impreziosisce le usuali, teatrali perversioni di uno splendido figlio dell’ultimo capitolo del languente Romanticismo.
Chi verrà da lui e dopo di lui ( Schiele ) vivrà di un erotismo crudele e disperato..

Alfonso Simonetti (1840 – 1892)

Già figlio del pittore Giuseppe e formato all’Accademia di Belle Arti di Napoli, ottenne una borsa di studio nel 1864 per un pensionato a Firenze. Noto per un ritratto dal vero a Giuseppe Verdi.
Ma fu sopra ogni altra cosa famoso per i suoi paesaggi notturni di ispirazione decisamente romantica, tanto da ricordare il tedesco Caspar David Friedrich. Ma nei suoi paesaggi prevale un lirismo contemplativo dove la luce lunare espande da protagonista una magica luminosità quasi surreale.
Curioso il suo “Paesaggio all’alba con treno”, dove la locomotiva quasi evocata dal buio albore ricorda stranamente un celebre dipinto di Turner.

Qui è il ” don Chisciotte” di Daumier

Pittori o Illustratori?

Esiste la tipica pittura “illustrativa”, che cioè illustra con finalità diverse dalla pittura “pura”: è cronaca, o illustra un libro, o favole, o vari “fumetti” e storie…. Ovviamente è su un piano inferiore dal punto di vista estetico alla pittura autonoma, a sé stante, che non illustra né documenta una storia, una moda, un testo…
Ci sono illustratori anche d’alto livello come Gustave Doré, ma che non raggiunge gli apici espressivi per esempio di un pittore “puro” come Monet!… E poi ci sono gli “equivoci” estetici: il pittore dei “ciccioni” Botero,sebbene sia compreso tra i veri pittori, per la sua limitatezza espressiva e la sua ossessiva ripetitività, appartiene invece agli illustratori (e neanche tra i più prestigiosi a mio parere..), mentre invece Honoré Daumier, catalogato tra gli illustratori e caricaturisti, per la sua qualità e originalità è sicuramente un pittore sic simpliciter!
Si può passare da una schiera all’altra?… Sì, se si è Sironi, scatenato caricaturista divenuto poi uno dei pilastri della pittura del ‘900; o Tolouse Lautrec che disinvoltamente, dai pur bellissimi “affiche” pubblicitari, passa poi a dipingere da maestro la sua Parigi ” Belle époque”!

Picasso( 1881 – 1973)

Fu certo un grande innovatore, o meglio sperimentatore, grande fantasia, grande immaginazione, ed anche un notevole umorismo!…Ma confesso che aldilà del suo coraggioso, e se vuoi anche sfrontato rimettere in discussione tutto, la sua pittura non mi commuove, intendendo per questo non riuscire a “chiamarmi” dal profondo con l a forza, la bellezza e la passione del vero genio artistico…. E’ poi da considerare che, anche per sua stessa ammissione, molte sue cose sono intese come pure provocazioni, talvolta al limite dell’impudenza e geniale ciarlataneria……
Aveva certo tecnica e capacità pittoriche risolutive, insomma non era un cialtrone come molti suoi epigoni incapaci di strutturare una forma decente e che si rifugiano nell’improvvisazione informe….
Ma, ripeto, confesso di non essere mai rimasto folgorato emotivamente (se mi si passa questa espressione un po’ “romantica”) davanti a una sua opera (salvando forse solo “Guernica”, dove si manifesta un sincero pathos tragico)… Ma in quasi tutto il suo percorso c’è molto artificio e molta voglia di stupire, ma non c’è quella che in termini allusivi chiamiamo poesia!

Alberto Giacometti ( 1901 – 1966)

Vedo un dipinto di Giacometti più che dignitoso…Poi passerà tutta la sua vita con i suoi bronzetti filiformi, certo eleganti, originali….originali? Non direi: Giacometti riprese pari pari formulazioni plastiche da antiche figurine rituali molto stilizzate…Basta per essere originali?…E basta poi, per essere artista, essere solo e comunque originali?…Questa è la domanda!

Odd Nerdrum (Helsingborg, 8 aprile 1944)

Fuggito in Svezia con i suoi genitori dalla Norvegia occupata dai nazisti, ritornò poi alla fine della guerra in patria, dove completò i suoi studi artistici all’Accademia di Oslo.
Influenzato dall’esoterismo teosofico di Rudolf Steiner, si manifestò subito la sua insofferenza ai principi dell’arte contemporanea, rifugiandosi in un mondo interiore, fuori dal tempo, segnato dallo spiritualismo steineriano e nel rievocare modalità classiche ispirate agli amati Rembrandt e Caravaggio, con in più e di suo un clima sognante impregnato di forte misticismo simbolico.

Ramadan e dintorni

Cos’è il Ramadan l’ho scoperto molti anni fa lavorando per due mesi fra Mali e Bourkina Faso: pur con varianti locali, ovunque era tutto chiuso e in ufficio il personale musulmano era praticamente inutilizzabile (lo diceva già Kipling) per via del digiuno in paesi dove ogni giorno già si mangiava poco. Quest’anno invece sembra sia esplosa la scoperta e il confronto con quello che le comunità musulmane in Europa praticano non certo da quest’anno. Come mai tanto risalto, in parte dovuto alla brutta abitudine di un certo giornalismo che sfrutta le notizie come se avesse trovato un filone aurifero in miniera, le c.d. “notizie a caduta”, dove sembra che per un mese intero i cani feroci mozzichino tutti o che decine di minori siano insidiati dallo zio. Lo dico perché andiamo oltre le polemiche sulla scuola di Pioltello chiusa per prevedibili assenze di tre quarti degli studenti e la pretesa degli studenti dell’Università di Bologna di sospendere le lezioni in caso analogo, più gli spazi pubblici concessi o negati per quelle che per la Questura dovrebbero essere solo manifestazioni statiche autorizzate su suolo pubblico. Monfalcone è un caso di scuola e negare gli spazi a una comunità in crescita non è il sistema migliore per conviverci. Perché il punto è proprio questo: se cinquant’anni fa i musulmani in Italia erano poche migliaia, ora sono almeno due milioni, per la maggior parte immigrati con le ondate dell’ultimo ventennio, e in più, essendo una comunità giovane e prolifica, sta iniziando a chiedere i suoi spazi. E’ una dinamica sociale e politica comprensibile e non sarebbe la prima volta nella storia della democrazia che una nuova realtà sociale, politica e religiosa si pone come nuovo attore nella vita collettiva. Problema già affrontato non senza contrasti da altri paesi europei, ma sembra sempre che i nostri politici non abbiano mai viaggiato e non leggano i giornali degli altri.

La soluzione? Un Concordato tra lo Stato e  l’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia (abbreviato in UCOII), analogo ai Patti Lateranensi firmati nel 1929 e aggiornato nel 1984, dove si mettevano per iscritto le regole di convivenza fra lo Stato italiano e la Chiesa Cattolica. L’UCOII riunisce 153 associazioni sia territoriali che di settore e gestisce circa 80 moschee e 300 luoghi di culto non ufficiali, quindi ha tutte le carte in regola per proporsi come ente negoziale. Questo metterebbe fine al caos normativo creato finora da sentenze di tribunale, ordinanze di singoli sindaci e assessori, iniziative di singoli presidi, ricorsi legali e polemiche sui giornali di partito. Abbiamo un Parlamento ed è ora di sistemare la questione come si è fatto a suo tempo con il Vaticano.

Le immagini e le parole di Blumenthal, Paravel, Reggio

Un complesso progetto ideato e realizzato a più mani, in cui luoghi e persone, volti e interpretazioni di volti, tra foto, parole e disegni, hanno intrecciato un dialogo a distanza tra gli autori e i soggetti/oggetto della rappresentazione: da Milano a Roma a Lione ad Amsterdam, per approdare infine in questo spazio romano.
Graziella Reggio, i cui ritratti fotografici di artisti-amici costituiscono l’incipit, nel cenno d’occhio condiviso muove alla ricerca di volti e anime, di cui percorre le rughe e le andature, così come i segni e i gesti, alla maniera dei segni e dei simboli delle Carte Astrali.
Dominique Paravel, declina attraverso un cenno verbale parole che svelano le anime e le ombre segrete nascoste nei ritratti in b/n, di cui dà la guida per percorrere le tracce dei loro sogni, delle loro trappole, dei loro fallimenti.
Michiel Blumenthal, attraverso disegni, che nascono “ingenui” di fronte a tutti i personaggi, ne traducono in immagini, quasi sogni disegnati, gli accenti, che nascondono i loro volti segreti, rivelando la leggerezza sorridente dei loro caratteri intimi.
Al tempo stesso, questo gioco di riflessi moltiplicati – quasi che la camera oscura fosse invece una camera a specchi – suscita la domanda, da un lato, su quale sia la natura dello sguardo di cui ciascuno dei soggetti in gioco diventa l’oggetto misterioso, e, dall’altro, nel gioco di sguardi multipli, che cosa la ricerca svela degli investigatori stessi, a loro stessi ignota, fino all’istante in cui hanno preso in mano – macchina fotografica, parola, disegno – l’intimità altrui.


Michiel Blumenthal, Dominique Paravel, Graziella Reggio:
“traits pour traits”

al 11 maggio 2024

Storie Contemporanee
Studio Ricerca Documentazione

via Alessandro Poerio 16/b
Roma

A cura di Anna Cochetti

Inaugurazione:
Domenica 19 Maggio 2024 dalle 11.30 alle 13.30

Finissage:
Venerdì 31 Maggio 2024
dalle 17.30 alle 19.30
In occasione dell’Inaugurazione verrà presentato il Libro d’artista realizzato a stampa in edizione limitata, numerata e firmata dagli autori.

Orari:
dal martedì al venerdì
dalle 17.30 alle 19.30
(su appuntamento cell. 3288698229)